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venerdì 9 maggio 2008

DIACONATO: Matrimonio e Famiglia

E’ un fatto che il diacono permanente nella quasi totalità dei casi sia un uomo sposato e che, di conseguenza, dal suo essere sia indeducibile il sacramento del Matrimonio.Nel profondo del suo essere il diacono sposato è segnato-consacrato una prima volta nel sacramento del Matrimonio ed una seconda volta nel sacramento dell’Ordine.Non credo si tratti di dover cercare una conciliazione tra l’essere marito e diacono ,quanto piuttosto di assumere una nuova prospettiva ontologica originale.Il diacono assume una nuova condizione d’essere che non è quella del semplice coniugato né quella del semplice ordinato.Per la natura stessa del sacramento che li unisce, anche la sposa del diacono è propriamente coinvolta nella condizione nuova che la coppia viene ad assumere. I due non possono infatti realizzare la propria vocazione singolarmente, ma comunionalmente, come coppia.L’amore tra due esseri con il matrimonio diventa sacramento, essi si santificano donandosi e nella misura in cui essi stessi si donano, si salvano. Con il matrimonio, infatti, gli sposi si assumono anche la responsabilità della salvezza dell’altro.Se lo sposo diventa diacono, in un certo senso la coppia diventa “diaconale” tenendo ben presente che, sebbene nelle conseguenze investa entrambi, il sacramento dell’ordine è ricevuto da un solo membro della coppia, cioè il marito.Uno degli sposi è ordinato, non la coppia: ma l’ordinazione riguarda la coppia; qualunque divisione, soprattutto se causata dal diaconato del marito comporterebbe il venir meno della condizione necessaria posta sin dal principio dal creatore e che cioè i due diventino una sola carne.Uomo e donna sono collocati diversamente in rapporto al diaconato, poiché l’ordinazione dello sposo non cambia lo statuto personale della sposa nell’ambito del popolo di Dio.Tuttavia nell’unità e nell’intimità coniugale, la sposa misteriosamente porta con il suo sposo il sacramento da lui ricevuto.Giustamente dunque la Chiesa richiede per l’ordinazione di un diacono sposato il consenso scritto della moglie.E’ illuminante, riguardo al si previo della sposa, un espressione del teologo mistico Nicola Cabasilas: “ L’Incarnazione fu non soltanto l’opera del Padre, ma anche l’opera dalla volontà e della fede della Vergine. Senza il consenso della purissima, senza il consenso della sua fede, quel disegno era altrettanto irrealizzabile che senza l’intervento delle tre Persone Divine. Come voleva incarnarsi, così voleva che sua Madre lo generasse liberamente, con pieno consenso”[2] E dunque un concorso della fede che viene chiesto alle spose; un atto libero responsabile e volontario di amorevole ed amorosa accoglienza al disegno di Dio sul proprio sposo e sul proprio matrimonio.La scrittura narra di molte storie di donne che sono state chiamate a condividere la vita di fede dei loro mariti assumendo un ruolo decisivo nella storia della salvezza.Si pensi a Sara moglie di Abramo, a Rebecca moglie di Isacco, a Elisabetta moglie del sacerdote Zaccaria, e parlando di matrimonio con-diviso e inserito nel progetto di Dio si pensi anche a Giuseppe sposo di Maria.Il paragone con il “fiat” di Maria sta proprio ad indicare l’accettazione della Grazia ,Maria è tutta Santa perché piena di Grazia, la sua santità le deriva dall’accoglienza del dono per eccellenza.In Maria c’è l’intima unità di amore e servizio che deve essere fatta propria da quanti vivono lo stato coniugale-diaconale.La coppia diaconale viene chiamata ad una vita sponsale che sia segno tangibile e visibile dell’amore sponsale di Cristo per la sua ChiesaLa sposa dona al marito, alla Chiesa e a se stessa il con-senso alla realizzazione del progetto di Dio sul suo sposo , sul suo matrimonio, su di sé, sulla sua famiglia.Il dinamismo bipolare del dono-missione, proprio di ogni vocazione assume nella “coppia diaconale” una speciale valenza ecclesiale, la loro famiglia assume la condizione di “ecclesia domestica” in senso pieno e non metaforico del termine.Il diacono coniugato ha dunque il compito insieme alla sua famiglia di essere segno e testimone della fedeltà dell’amore coniugale, dell’unità dell’amore coniugale, della fecondità educante dell’amore coniugale nella grazia dello Spirito Santo.Il diacono e la coppia diaconale possono essere segno e strumento di una rinnovata pastorale famigliare.Al matrimonio e alla famiglia si deve restituire il compito fondamentale di generare ed educare alla vita umana e cristiana, di cui la destrutturata società di oggi ha un drammatico bisogno per la propria rinascita dall’interno.Si potrebbe proporre un modello pastorale fondato su una comunione -comunità di famiglie, che in un impegno reciproco permanente mettano insieme le loro forze per vivere una vita radicalmente evangelica e concretamente educante.Questa comunità sarebbe veramente un ministero ecclesiale in quanto incarna il servizio fondamentale di amore a Cristo alla Chiese, ai fratelli.All’interno di queste dinamiche di comunità, il diacono insieme alla sua famiglia diviene segno sacramentale di servizio che con l’ordinazione ha assunto come carattere irrinunciabile della propria vita.In questo ulteriore ambito credo che il diacono con la sua vita famigliare abbia il compito di essere testimone, infatti oggi come non mai il mondo ha bisogno di testimoni del Vangelo e non di maestri, di persone che giochino la vita per il Signore e ne diventino segni , dunque testimoni visibili e credibili .Dobbiamo saper accogliere, conoscere, ascoltare e poi annunciare il Vangelo da testimoni e non da maestri. Il Vangelo non va né edulcorato né completato da noi , ma da noi compiuto.Siamo chiamati non al fare, ma a testimoniare uno stile di vita cristiano.Proprio per la provvisorietà in cui siamo immersi l’uomo di oggi ha bisogno di impegni per sempre, di servizi che non siano episodici ma l’espressione di una vita intera, come lo sono appunto il matrimonio cristiano, l’impegno comunitario e il diaconato.Possiamo allora auspicare ad un diaconato fondato sull’essere , o meglio un diaconato che dopo aver preso coscienza di ciò che vuole essere,si ponga come segno.il diacono ministro del “ponte”.La diaconia di Cristo appare come modello dell’agire cristiano.Il diacono sarà colui che deve rappresentare sacramentalmente questo agire - servizio.“Questa nozione farà del diacono il punto di comunicazione della Chiesa verso il mondo e, allo stesso modo del mondo verso la Chiesa, a partire dal rapporto che egli pone, mediante la sua presenza a un tempo ecclesiale (come ministro ordinato) e sociale (come marito, come lavoratore, come soggetto della vita associativa) , tra la Chiesa e il mondo.[3] L’attribuzione al diaconato permanente di una funzione mediatrice o di ponte tra la gerarchia e il popolo di Dio era già apparsa nel dibattito conciliare.Nel motu proprio Ad Pascendum Paolo VI ha applicato al diaconato permanente la definizione di medius ordo.Questa idea ha avuto ampia diffusione ma necessita di una precisazione teologica.Sarebbe un errore considerare il termine medius ordo come una realtà sacramentale intermedia tra gli ordinati e i battezzati, l’appartenenza del diacono all’ordine è una dottrina sicura, teologicamente il diacono non è un laico, il termine medius ordo deve intendersi come funzione mediatrice come funzione ponte esercitata da chi appartiene ad entrambe le “sponde”.Ponte dunque come metafora dell’intermediazione.Cercherò di mostrare quali siano , secondo me le caratteristiche di questa funzione di ponte.Il mondo ci mostra l’uomo come un individuo frammentato che invoca contemporaneamente l’unità ( unità di sé della famiglia) e la molteplicità (nella realizzazione ed espressione di sé).La stessa tensione la ritroviamo proposta e teologicamente composta dalla Chiesa a proposito di ministero e carisma.Il ministero indica l’unità ordinata, mentre il carisma permette la sua partecipazione e disseminazione.Il carisma-ministero diaconale si illumina e appare particolarmente adatto nel mettersi al servizio, in varie modalità, nelle diversità delle situazioni della vita, spinti dalla grazia di Dio che è insieme una e molteplice.Il mondo ci mostra un uomo diffidente nei confronti del potere , ma bisognoso di autorità.Il diacono rivestito del potere di servire può parlare un linguaggio più vicino alla gente, rifuggendo la tentazione di pontificare e di voler imporre la verità quanto piuttosto cercando di vivere autorevolmente una vita evangelica.La metafora del ponte viene spesso intesa sia come capacità di unire i due estremiQuesta caratteristica diaconale è permessa dal fatto che il diacono ha libero accesso a due mondi che sono stati vissuti a lungo come separati e inconciliabili , e può davvero essere grande il suo contributo alla loro riconciliazione, perché partecipa a pieno titolo di ambedue.Il diacono permanente vive, unico tra gli ordinati, la comunione speciale con la donna, la comunione speciale con i figli da lui generati ed educati.La figura del diacono può proporsi come ponte anche nel dialogo ecumenico; infatti il diacono è una figura appartenente certamente alla Tradizione viva della Chiesa e in quanto tale riconosciuta , pur con valutazioni diverse, da molte confessioni cristiane.In queste situazioni mi porre si possa collocare la funzione di ponte e di mediazione del diacono.“alzati e va’ sulla strada”L’individuazione del rapporto fra diaconia e territorio , fra diaconia e società, fra diaconia e mondo è un elemento caratterizzante del ministero diaconale.Lo spazio sociale del diacono rappresenta oggi un ambito prioritario e irrinunciabile per la nuova evangelizzazione, luogo privilegiato di incontro con gli uomini del nostro tempo, vero terreno di semina per una pastorale rinnovata.Questo cammino in mezzo alla gente sulla strada diventa allora un luogo di azione diaconale.I diaconi devono far propria l’esperienza del diacono Filippo in Atti 8,26ss.Le parole dell’angelo pronunciate per bocca dell’angelo: “alzati e va’ sulla strada” sono particolarmente adatte per la missione del diacono.Per il diacono, infatti, che coniuga il carattere clericale del sacramento con il carattere laicale della condizione di vita , deve diventare una risposta naturale ubbidire all’ordine di andare sulla strada , lui che in un certo modo sulla strada c’è già.Bisogna correre avanti sino a raggiungere l’uomo nella sua situazione, e camminandogli accanto, offrirgli l’occasione di invitarti a salire.E’ significativa la scena di Filippo che sale sul carro dell’Etiope, ed ascolta le sue domande e risponde agli interrogativi.Filippo è l’immagine della diaconia di tutta la Chiesa, che raggiunge l’uomo nella sua situazione concreta, sulla strada sulla quale egli camminaper fare la strada insieme.CONCLUSIONELa nostra storia chiede testimoni silenziosi e fedeli, capaci di scelte “per sempre” ,di scelte radicali, di scelte scomode.La nostra storia presente chiede mariti fedeli, attenti e premurosi capaci di essere felici della felicità dell’altro capaci di dono e dedizione totali.La nostra storia ha bisogno di padri accanto ai figli, di padri che parlino loro di Dio, di pace, di giustizia e di vita autentica.La nostra storia ha bisogno di lavoratori che portino nella loro attività il segno tangibile del vivere cristiano.E’ in questo contesto che il diacono, che è marito, padre, lavoratore e ministro si deve porre per lanciare la sfida, che abbiamo definito con la metafora del “ponte”.Un uomo totalmente del “mondo” che vive nel “mondo” come uomo totalmente di Dio, tale così da porsi appunto come “ponte” ma ancor di più come segno e testimone dell’azione salvifica di Dio nella storia.La soluzione che io vedo è nello stesso tempo semplice e complessa il futuro del diaconato consisterà dunque, non tanto nel fare il diacono quanto piuttosto nell’essere diacono, vivendo con radicalità evangelica , nella Chiesa e nel mondo il mistero di questo ministero.Dunque se questa è la prospettiva, perché oggi ci si chiede perchè occorre ancora il diaconato? Perché molti obiettano che il diacono è una figura indefinita? In ultima analisi perché oggi ha ancora senso il diaconato permanente?La risposta a queste domande, credo possa scaturire dall’obbiezione stessa della sua presunta non necessità, cioè che la diaconia non è una condizione speciale, bensì è il “noumeno” del cristiano.Infatti la diaconia è la condizione del cristiano, e dunque la condizione di vita richiesta al diacono non è forse richiesta a tutti?Proprio così, il Vangelo è radicale per tutti, è impegnativo per tutti non solo per qualcuno.A tutti è richiesta la radicalità totale, il dono totale nell’essere padri, madri, mariti, mogli, professionisti, uomini e donne di fede. Essere cristiano è dunque rendere “normale” l’eccezionale, è trasformare la quotidianità in eternità. Essere cristiano è santificare la propria vita è sognare di diventare santo. Essere cristiani è dunque essenzialmente mettersi al servizio dell’altro e della propria santità.Essere cristiani è essere diaconi. Dunque perché alcuni per fare delle cose normali, a cui tutti sono chiamati hanno bisogno di una speciale consacrazione? Perché proprio attraverso questa nuova condizione di speciale consacrazione sono chiamati a testimoniare la possibilità di rendere speciale ogni vita normale. Sono chiamati ad essere lampade, voce, testimoni. La consacrazione coinciderà dunque anche con questo impegno di testimonianza.L’ordinazione diaconale rappresenta dunque anche e soprattutto una sfida, la sfida pubblica, consacrata e ordinata a rendere eccezionale il normale, a rendere straordinario l’ordinario, a rendere santa l’esistenza, con una testimonianza di vita specialmente consacra.Diacono dunque, non maestro ma modello possibile di un vivere radicalmente e totalmente la sfida evangelica alla quale tutti siamo chiamati senza esclusione alcuna.1] Codice di Diritto Canonico canone 1031,2[2] La Madre di Dio, ed Scritti Monastici, Abbazia di Praglia, 1997, p.110[3] Grau, A., Diaconia di Cristo , in Communio n 177, 2001 Jaca Book, p.24[4] Atti, 8, 26ss.[5] Congregazione per il clero, Direttorio per il Ministero e la vita dei diaconi permanenti, Elle Di Ci, Torino1998, p.134

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