TinyDropdown Menu diaconiperugia: dicembre 2011

sabato 24 dicembre 2011

NATALE DI SOLIDARIETA’:



"Aggiungi un posto a tavola"

In occasione delle feste di Natale si propone un segno particolare e significativo: accogliere un ospite a casa nostra.
Pensa a qualche persona sola. Potresti invitarla per essere tuo commensale in occasione del Natale

domenica 18 dicembre 2011

Nuove Nomine nel Collegio Diaconale di Perugia

Verbale della riunione del Collegio Diaconale di Perugia.



Oggi,Giovedì 15 Dicembre 2011,alle ore 21.00, nei locali della Parrocchia di S.Maria di Colle, di cui è Parroco don Pietro Ortica, Delegato Vescovile per il Diaconato, alla sua presenza si sono riuniti i Diaconi Permanenti della Diocesi di Perugia-Città della Pieve allo scopo di eleggere il Decano, il Segretario e l’Economo del Collegio per il prossimo quinquennio, come previsto dal Regolamento già consegnato a suo tempo all’Arcivescovo, che ha autorizzato le riunioni dei Diaconi, come affermato dal Delegato . Don Pietro apre la seduta con una preghiera e leggendo la Lettera al Clero di S.E.Mons.Bassetti in occasione del Santo Natale 2011. “Voglio condividere con voi speranze e angosce,gioie e tristezze” dice il Vescovo e questo desiderio di comunione viene condiviso da tutti i presenti, mentre continuano ad ascoltare “vieni ,Signore Gesù, a curare le ferite della nostra fragilità e quelle della nostra Chiesa, che sono ancora tante” e intanto tornano in mente gli attacchi alla nostra Chiesa perugino-pievese da parte di chi vorrebbe il suo annientamento, basta scorrere le pagine della cronaca recente. Ma la commozione maggiore colpisce i presenti quando sentono “non ci può essere gioia senza l’ombra della croce”. Alla fine torna la serenità , alle parole “la Chiesa è santa nonostante i nostri peccati, perché in essa c’è la presenza dello Spirito del Risorto,che perennemente la purifica,e del Vangelo, che la illumina”. Portando ancora nel cuore le parole di S.E. Mons.Bassetti, passiamo al momento culminante della serata, cioè l’elezione degli organismi di cui sopra. Sono 16(sedici) i votanti su un totale di 19(diciannove) diaconi permanenti presenti nella Diocesi. 15 (quindici) schede risultano valide, mentre 1(una) risulta nulla perché il voto non è regolarmente espresso. Dopo lo scrutinio risultano eletti:

Decano:                             don Silvio Rondoni
Segretario del Collegiodon Giuliano Giglio
Economo:                        don Gaetano Murino

IL SEGRETARIO
don Giuliano Giglio
Perugia- 16-12-2011                                                                  

venerdì 16 dicembre 2011

Ministro della soglia e del ponte nella celebrazione eucaristica

Da “Il Diaconato in Italia” Luglio –Agosto 2005
Articolo di Giorgio Agagliati (pagg. 9-15)



           - L’ elemento maggiormente caratterizzante la spiritualità diagonale è la scoperta e la condivisione dell’amore di Cristo servo, che venne non per essere servito, ma per servire. […] La fonte di questa nuova capacità di amore è l’Eucaristia, che non a caso caratterizza il ministero del diacono. Il servizio ai poveri infatti è la logica prosecuzione del servizio all’altare>>. Così la centralità dell’Eucaristia è posta nel capitolo sulla formazione spirituale dei candidati al diaconato permanente delle Norme fondamentali1 . Dal canto suo, il Direttorio raccomanda, nel capitolo sui Mezzi di vita spirituale, che <>2 Ed è un munus ricco ed articolato, quello del diacono nella celebrazione eucaristica. In queste pagine proverò ad evidenziare i momenti salienti, letti nella chiave di due dimensioni del ministero del diacono, che si possono definire “il ministero della soglia” e “il ministero del ponte”.

Sulla soglia

Il munus liturgico del diacono può cominciare ad offrirsi prima ancora che inizi la liturgia, con la presenza del diacono all’ingresso della chiesa ad accogliere coloro che rispondono alla convocazione del Signore. Insieme al confratello con cui condivido il servizio diagonale in parrocchia 3 abbiamo constatato che questa presenza suscita all’inizio una lieta sorpresa e, cosa ancor più importante, non diviene mai un’abitudine scontata. Il saluto, un benvenuto, il ricordo, pur brevissimo, di una situazione lieta o triste, danno sostanza a quella “accoglienza” che sempre viene raccomandata come elemento importante della liturgia.

Il senso di una presenza all’ingresso della chiesa

E rendono visibile ed evidente il significato del “ministero della soglia”, che è uno degli elementi qualificanti della presenza del diacono in una comunità di fedeli ai quali lo accomuna lo stile quotidiano di vita nel mondo – specialmente se ha famiglia e con la famiglia partecipa alla vita della comunità parrocchiale e dai quali lo distingue il ministero ordinato.

Anche per questo è opportuno che il diacono sia alla porta già vestito di camice e stola. In questo modo, infatti, egli “previene” il convenire degli altri fedeli per farsi segno di una Chiesa di Dio che spalanca le sue porte affinché ogni uomo e ogni donna si senta incoraggiato, secondo l’appello di Giovanni Paolo II, a spalancare a sua volta la propria porte a Cristo. Accogliere alla porta, infatti, è dire e dimostrare che non si sta radunando una massa indistinta, ma convengono i membri di una famiglia, di più, le membra del Corpo Mistico il cui capo è Cristo. E la dimensione di umana solidarietà ed amicalità che connota questo gesto, è premessa invitante alla più profonda e sostanziale comunione che si attuerà di lì a poco nel celebrare l’Eucaristia.

Sulla soglia del tempio troviamo ancora oggi i poveri

Notiamo en passant che l’accoglienza sulla soglia ha una reminiscenza del diaconato antico, dove il diacono era (anche) colui che badava a che tutti trovassero degnamente posto. E per quanto oggi si possa considerare superata la riproposizione in chiesa della stratificazione sociale, è sempre prudente non dimenticare il monito della lettera di Giacomo: << Se voi guardate a colui che è vestito splendidamente e gli dite “Tu siediti qui comodamente”, e al povero dite “Tu mettiti in piedi lì”, oppure: “Siediti qui ai piedi del mio sgabello”, non fate in voi stessi preferenze e non siete giudici dai giudizi perversi?>> (Gc 2, 3-4). Ricordiamo pure che la soglia del tempio è, oggi come un tempo, il punto in cui troviamo i poveri che tendono la mano. Qualunque scelta si compia nel servizio concreto della carità4 , l’accoglienza di una parola, di un sorriso, dell’ascolto, dell’indirizzamento ad un aiuto, ci qualificano nel nostro porci nella liturgia che stiamo per celebrare.

La processione all’altare

Dopo essere stato incontrato sulla soglia, il diacono ricompare nella processione all’altare portando solennemente il Vangelo. Nella scansione drammatica dell’evento liturgico è il proseguimento di un dialogo: a chi è giunto alla chiesa portando il proprio intimo bagaglio di vita ed ha ricevuto alla porta un saluto e un benvenuto, il diacono offre ora il segno che la sua aspettativa interiore sta per avere risposta dalla Parola di Dio. E in certi casi, forse, risveglia quell’aspettativa, ottusa dall’abitudine, elevando il Libro perché l’assemblea riunita fissi du di esso lo sguardo degli occhi e del cuore. Tornerà a farlo tra poco, ostendendo e onorando il Libro prima e dopo la lettura. Sia pur per metafora, viene alla mente che tra i compiti del diacono nel tempo antico c’era anche quello di svegliare chi si addormentava durante la celebrazione. La proposizione delle invocazioni nell’atto penitenziale non è esclusiva del diacono: spesso è il celebrante che lo compie, e non di rado ci si avvale di formule del repertorio. E’ però il caso di notare che, almeno nelle circostanze o situazioni in cui la celebrazione si colloca entro una particolare intensità di vita comunitaria, le invocazioni – chiunque le proponga – potrebbero utilmente ispirarsi, con tutta la delicatezza del caso anche al vissuto della comunità. E il diacono è senza dubbio almeno una fonte, perché il suo servizio dovrebbe collocarlo nel vivo pulsare delle dinamiche comunitarie.

Il Servizio della Parola

Della lettura del Vangelo vorrei sottolineare in primo luogo l’importanza della preparazione e della cura non solo nella meditazione preventiva del brano, ma anche nella qualità della lettura, nell’impostazione della voce, nell’attenzione per rendere viva la Parola di Gesù restituendole calore e colore nel prelevarla dalla pagina scritta per porgerla all’assemblea: non credo sia una forzatura dire che in questo momento, il diacono agisce in persona Christi “dando voce” al Signore. In questa occasione, inoltre, il diacono augura la pace ai fedeli, e ne riceve in cambio l’augurio: è la prima delle tre volte in cui il diacono augura la pace nella celebrazione, ed è perciò un ulteriore, importante momento del dialogo tra il diacono e l’assemblea nel “dramma liturgico”. Purtroppo, non di rado esso “passa” come mera formula e non per primi rischiamo di sottovalutarlo, mentre dovremmo viverlo intensamente, ricordando che <

L’omelia nella Messa è un altro momento qualificante per il diacono. Questa considerazione prescinde dal fatto che sia lui a tenerla. Non c’è, infatti, univocità di posizioni e di comportamenti sull’affidamento al diacono dell’omelia nella Messa: si va dal considerare l’omelia prerogativa esclusiva del presidente, alla “delega” occasionale/eccezionale al diacono, a situazioni in cui il diacono tiene regolarmente l’omelia in una delle Messe d’orario5 . E’ mia opinione – a rischio di apparire come il giudice manzoniano – che vi siano valide ragioni per ciascuna di queste posizioni. Ma sempre il diacono ha qualcosa da dire, anzi, da dare per l’omelia. Come accennato per le invocazioni penitenziali, il diacono dovrebbe avere una posizione nella comunità tale per cui ne percepisce sensibilità e bisogni. In un contesto di serena collaborazione con il parroco, sarà normale che di taluni ambiti pastorali il diacono abbia addirittura più diretta e profonda conoscenza del parroco stesso. Se, inolte, il diacono vive pienamente il proprio ministero extra moenia, sarà anche portatore di altre esisgenze spirituali, oltre a quelle espresse dalle persone impegnate nella vita della comunità. E’ perciò prezioso un confronto tra il presbitero e il diacono nella preparazione dell’omelia, uno di cui scopi principali è proprio porre la Parola di Dio in situazione. Ciò non significa che il diacono “detti” l’omelia al presbitero o gliela “recensisca”, né che – se è lui a tenerla – si riduca a ripetitore di parole e pensieri del presbitero. Più semplicemente, la preparazione dell’omelia può divenire un momento forte di comunione tra coloro che cooperano nella cura di una comunità.

Il Ministero del ponte

Nella preghiera dei fedeli e nella preparazione dell’altare per la liturgia eucaristica si esprime bene nel diacono la dimensione di ministero del ponte. Egli che, come già si è detto, è al tempo stesso cristiano nel mondo, con uno stile di vita quotidiano del tutto simile a quello dei laici, e <> in quanto ministro ordinato e membro della gerarchia (LG 29), si pone veramente in questi momenti della liturgia come collegamento vivo tra l’assemblea e l’altare. Per questo e non per la rivendicazione di una prerogativa formale, la preghiera dei fedeli dovrebbe essere guidata dal diacono. Di fatto ciò non sempre accade, specie dove esiste un buon gruppo di animazione liturgica e dove sia invalso l’uso – magari precedente alla presenza di un diacono – che sia questo a preparare e proporre la preghiera. Ma anche in queste soluzioni il munus del diacono può e deve esprimersi. In primo luogo, riservando a lui la parte della preghiera dedicata “comunione dei santi”, in cui la comunità ricorda i propri membri defunti: veramente si costruisce un ponte, che va oltre le memorie specifiche richieste dai familiari dei defunti per collegare esplicitamente il <> del Regno di Dio, sottolineando anche così la dimensione escatologica dell’eucaristia6 .

Il diacono può farsi tramite nella preghiera comunitaria

In secondo luogo, il diacono può farsi “ponte” valorizzando il ruolo dei laici in questo momento della liturgia, se la sua presenza nella comunità posteriore al consolidarsi di tale abitudine. In tal caso, infatti, il diacono può porsi accanto a chi prepara e propone la preghiera dei fedeli, richiamando alla coerenza con la Parola di Dio e ricordando che il fatto che la preghiera procede sempre dall’universale al particolare è perfettamente ricalcato sul “movimento della Provvidenza di Dio, che ha cura di tutta la creazione e al tempo stesso si prende cura del più piccolo di noi7. Questa corrispondenza tra l’economia della Provvidenza e la scansione della preghiera dei fedeli dice che abbandonarsi alla Provvidenza significa anche riconoscere che siamo noi stessi suoi strumenti attivi e creativi, prima di tutto con la preghiera, e di qui con l’azione concreta al servizio degli altri.

E’ poi nell’accoglimento del pane e del vino durante l’offertorio e nella predisposizione per la consacrazione che il diacono esalta il proprio ministero di ponte tra l’assemblea e l’altare. Pane e vino, in quanto <> sono infatti frutti anche del lavoro del diacono, che ordinariamente vive del proprio lavoro, cosa nota e visibile alla comunità. E’ dunque uno di noi quell’uomo che dispone sull’altare i frutti del nostro lavoro. Al tempo stesso è colui che per noi è stato chiamato ad un ministero particolare, che lo associa strettamente all’altare e all’Eucaristia. Ciò che bene si esprime nel gesto e nelle parole con cui il diacono aggiunge poche gocce d’acqua al vino nel calice:<< L’acqua unita al vino sia segno della nostra unione alla vita divina con Colui che ha voluto assumere la nostra natura umana>>.

L’unione intima con l’Eucaristia è fonte della diaconia

La “nostra” unione. Quella di tutto il popolo di Dio, incluso il presbitero e il Vescovo, un popolo che qui veramente il diacono rappresenta sull’altare ed a nome del quale parla. Analogamente , lo pone accanto al celebrante durante la consacrazione consente al diacono di vivere e percepire in pienezza la sua unione intima all’eucaristia come fonte del proprio ministero. Vale per il ministero del diacono, come per quello del presbitero e del vescovo, ciò che ha detto Benedetto XVI inaugurando il proprio pontificato, al tempo stesso, la sua presenza sull’altare lo pone a “rappresentare” l’assemblea convocata a fare memori del sacrificio di Cristo.

Come poco prima con il Vangelo, il diacono durante la dossologia che include la preghiera eucaristica partecipa all’elevazione delle specie consacrate per “attirare a Gesù” (cf. Gv 12,32) lo sguardo e i cuore di tutti i presenti. E’ importante sottolineare che, come poc’anzi era accanto al presbitero o al vescovo che consacrava il pane e il vino, il diacono compie insieme a lui il gesto di elevazione. Questi due momenti rendono particolarmente intensa la comunione profonda che deve caratterizzare il rapporto del diacono <> (LG 29) nel servizio al popolo di Dio. Una comunione che trova la fonte e il culmine nell’Eucaristia e la cui percezione intensa nella liturgia eucaristica dovrebbe davvero, ogni volta, commuovere profondamente tutti i ministri che vi partecipano. L’invito al segno di pace è il secondo augurio di pace del diacono all’assemblea. Qui l’augurio unisce nel dialogo del dramma liturgico il celebrante e il diacono, le cui parole e gesti si susseguono e si richiamano intrecciandosi a quelli dell’assemblea: è il sacerdote, infatti, che dice <> e riceve la risposta << E con il tuo spirito>>, e subito dopo il diacono che invita al gesto di pace. Spesso lo scambio del segno di pace è un momento di allegra “anarchia”, magari alimentata da ministranti bambini, esuberanti e impazienti.

Conviene, invece, che sia particolarmente curata la capacità dell’assemblea di attendere che il celebrante dia il segno di pace al diacono e che questi lo porti almeno ai più vicini all’altare, in modo che dalla presidenza, per il tramite del diacono, <> riallarghi ed estenda a tutti. E’ appena il caso di sottolineare che in questo gesto sacro, che dall’altare dove è presente Cristo nell’Eucaristia viene a coinvolgere ogni persona presente richiamandola all’impegno ed alla beatitudine di essere <> (Mt 5,9), impegno che il diacono per primo è chiamato a vivere nel mondo con la sua testimonianza. Assume qui un particolare segno che il diacono sposato porti alla propria sposa e ai propri figli il segno della pace: è un segno nel segno, che colloca l’Eucaristia al centro della vita familiare del diacono, il cui ministero ordinato è venuto ad innestarsi nel matrimonio.

Conservare e distribuire l’Eucaristia

Il momento della distribuzione della Comunione ha una duplice valenza per il diacono. Da un lato, è proprio del suo ministero <>(LG 29), e nel distribuirla è il suo essere di ministro ordinato che lo distingue, in un medesimo fare, da altri che possono essere incaricati di questo servizio, come i ministri straordinari della Comunione o le religiose. Dall’altro, ha un significato particolare, nel “ministero del ponte”, il fatto che le persone che condividono con il diacono la vita quotidiana nel mondo, e tra essi in primis i suoi familiari, vengano davanti a lui per ricevere il Corpo di Cristo, che per quella vita li fortifica. Un ulteriore punto di evidenza riguarda la Comunione ai malati, un servizio in cui, di nuovo, nell’identico fare che lo accomuna ai ministri straordinari si distingue l’essere del diacono. A proposito di ciò, è bello che la consegna delle ostie ai ministri straordinari avvenga a cura del diacono, che della comunione è ministro ordinario, e che questa consegna e il prelevamento da parte diacono delle ostie per il proprio servizio siano svolte in modo ben visibile all’assemblea, chiamata a sentirsi profondamente unita nell’eucaristia ai fratelli in sofferenza.

Il congedo è augurio di pace

Per quanto para-liturgico, anche il momento degli avvisi alla comunità ha la sua rilevanza per il ministero del ponte svolto dal diacono. Purché sobri ed essenziali, gli avvisi dicono una comunità vitale, ricordano appuntamenti e necessità, e il diacono ne è lo speaker più indicato, anche a nome di specifici gruppi di attività, proprio per le peculiarità della sua figura già ricordate. Peculiarità che ricompaiono con vigore nel congedo, che è, insieme, il terzo augurio di pace che il diacono rivolge all’assemblea e l’affidamento a tutti i partecipanti della missione di donare ciò che hanno ricevuto nell’Eucaristia (in spagnolo il rito conclusivo è detto significamene Liturgia de mision). Come ogni altro, il diacono è egli stesso inviato a questa missione. E il fatto che si ponga anche come “inviante” pone in evidenza quel suo essere ponte tra l’altare del sacrificio eucaristico e l’assemblea, che il diacono invita ad incamminarsi e con la quale, nello stesso tempo, si incammina per le vie del mondo a rendere la propria testimonianza fondata nell’Eucaristia.

Dalla Mensa verso gli uomini

Nel ricorda se stesso, con il congedo-invio il diacono ricorda anche all’assemblea che nella Messa si è costituito e rinnovato un “noi” fondato dall’Eucarisita. E questo “noi” è inviato a vivere ciò che scaturisce dalla piena comunione con Cristorisorto: <>8 .

Note

1. Norme fondamentali per la formazione dei diaconi permanenti, nn. 72-73.

2. Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti, n. 54.

3. Il diacono Fedele Manzone. La Parrocchia è San Vincenzo de’ Paoli, Torino, retta da don Sebastiano Mana, il quale completa il “circolo virtuoso dell’accoglienza”salutando le persone al termine della Messa.

4. Mi riferisco alla dibattuta questione dell’opportunità o meno di dare denaro a richiesta , rispetto a forme strutturate e più efficaci di solidarietà.

5. V. la testimonianza di don Romolo Chiabrando, in Il Diaconato in Italia 132 (2005) pagg. 45-48.

6. Dalla relazione di don _Giuseppe Bellia al Convegno Interregionale Nord Italia dell’Associazione Comunità del Diaconato, Pianezza (To), 18-19 febbraio 2005: <affinché
Lui torni>>.

7. Cf. CCC nn. 302 sgg, e in particolare, al n. 303: << La testimonianza della Scrittura è unanime: la sollecitudine della divina Provvidenza è concreta e immediata; essa si prende cura di tutto, dalle più piccole cose fino ai grandi eventi del mondo e della storia>>.

8. Benedetto XVI, discorso al termine della Messa con i Cardinali elettori, 20 aprile2005.